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Non distruggo la corolla dei prodigi del mondo,
e non stermino
con la ragione gli enigmi che incontro sul mio cammino,
nei fiori, negli occhi, sulle labbra o nei sepolcri.
La luce altrui
soffoca il fascino celato
nelle profondità del buio,
però io,
io con la mia luce ingrandisco il mistero del mondo.
Esattamente come con i suoi bianchi raggi la luna
non rende più piccolo, ma tremolante,
e aumenta ancora di più il mistero della notte,
così io arricchisco anche l’oscuro orizzonte
con gli alti fiori del santo mistero
e tutto ciò che è inintelligibile
si trasforma in maggiormente incomprensibile
sotto i miei occhi,
perché io amo
e fiori e occhi e labbra e tombe.


Lucian Blaga


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Poesie e racconti di William De Generis

Quattro versi di commiato. Di William De Generis.

1408073560Mettiamo infine un punto
al florilegio sterile
di metonimiche piroette
arzigogoli assonanti
e sciancate giravolte lessicali,
svolazzino via lontano
vaghino per etere e rete
a procacciar genuflessioni
per l’ego smisurato
per l’anima rattrappita
loro adulteri progenitori.

Muovili pure quei passi arditi o ottusi
verso il Parnaso di patacche
luccicose che meriti o millanti
spogliati pure degli occhi e del senno
agghindati d’ipocrita retorica
bardati d’aratro e cavezza rossa
pur batrace e non bove
strascica vomere e coltro
lungo il solco sinistro sempre a la page
mettiti in coda c’è già una gran folla
a straparlar di fratellanza e amore
vomitando odio bile e livore.

(…ed all’ ineluttabile
deflagrare del botto
trasalì, pur troppo tardi,
di contezza e spavento…)

William De Generis

 

 

 

Il poeta è un fingitore.

Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente.

E quanti leggono ciò che scrive,
nel dolore letto sentono proprio
non i due che egli ha provato,
ma solo quello che essi non hanno.

E così sui binari in tondo
gira, illudendo la ragione,
questo trenino a molla
che si chiama cuore.

Fernando Pessoa


Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.


Eugenio Montale


Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
Di questa poesia
mi resta 
quel nulla
d’inesauribile segreto.



Giuseppe Ungaretti 

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