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Non distruggo la corolla dei prodigi del mondo,
e non stermino
con la ragione gli enigmi che incontro sul mio cammino,
nei fiori, negli occhi, sulle labbra o nei sepolcri.
La luce altrui
soffoca il fascino celato
nelle profondità del buio,
però io,
io con la mia luce ingrandisco il mistero del mondo.
Esattamente come con i suoi bianchi raggi la luna
non rende più piccolo, ma tremolante,
e aumenta ancora di più il mistero della notte,
così io arricchisco anche l’oscuro orizzonte
con gli alti fiori del santo mistero
e tutto ciò che è inintelligibile
si trasforma in maggiormente incomprensibile
sotto i miei occhi,
perché io amo
e fiori e occhi e labbra e tombe.


Lucian Blaga


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Poesie e racconti di William De Generis

Il perdono. Racconto di William De Generis.

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Aprì gli occhi.
Il cigolio della vecchia altalena scrostata su cui faceva su e giù spezzava a cadenze regolari il silenzio del parco deserto.
A stento riusciva a star seduto su quel sedile troppo piccolo per lui, ad ogni movimento rischiava di finire culo a terra.
Nessuno intorno, non un filo d’aria.
– Ancora tu….
Il bambino, immobile e impassibile sull’altra altalena, lo fissava.
Niente di nuovo, faceva ogni volta così.
Non lo aveva notato prima.
Forse perché prima, solo un istante prima, lì il bambino non c’era, ne era più che sicuro.
– Stai morendo, questione di attimi…..
Si fermò un attimo, come a rielabolare quello che aveva sentito, poi sorrise con una mezza smorfia e si ridiede la spinta con le gambe, ritornando a dondolare.
– Ah si ? Sto morendo ? E adesso che vuoi che ti aspetti, che mi metto a piangere ?
Che ti credi che tu sputi sentenze ed io mi cago addosso dalla paura ?
Nemmeno te lo immagini quanto cazzo di tempo è che mi sono rotto i coglioni di stare al mondo quante e quante volte mi chiedo ogni giorno che cazzo campo a fare….
– Sai che non è così.
– Cos’è che non è così ?
– Tu hai paura.
Si diede un’altra spinta, più forte che poteva.
Si mise a guardare l’erba troppo alta del prato ingiallita dal sole, dove l’arrampicata e lo scivolo resistevano in piedi chissà come, rosicchiati ferocemente dalla ruggine che aveva risparmiato poche chiazza del rosso e del blu originario.
Provava a non badare a lui senza riuscirci minimamente, si sentiva il suo sguardo inchiodato addosso.
-Io di morire me ne sbatto.
Hai capito ? Me ne sbatto di crepare io, quale paura…..paura un cazzo!
– No, è vero. Non è di morire che hai paura.
Piantò i piedi a terra si fermò e fissò il bambino dritto negli imperturbabili occhietti nocciola.
– Hai paura di non aver pagato abbastanza.
Iniziò a piangere in silenzio, esitante gli si avvicinò e si inginocchiò davanti a lui, occhi negli occhi per la prima volta gli tese le braccia e il bambino si lasciò abbracciare.
– Come….come posso aver pagato abbastanza piccolo mio……io ti ho ammazzato….queste mani hanno ammazzato tua madre…
-Io ti perdono. Io ti perdono Papà.
Riprese coscienza per un attimo soltanto, confuso tra il dolore al petto e l’odore del suo sangue sparso intorno, il suo ultimo pensiero fu un grazie che non riuscì a pronunciare.
Poi il nulla.

WdG

Il poeta è un fingitore.

Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente.

E quanti leggono ciò che scrive,
nel dolore letto sentono proprio
non i due che egli ha provato,
ma solo quello che essi non hanno.

E così sui binari in tondo
gira, illudendo la ragione,
questo trenino a molla
che si chiama cuore.

Fernando Pessoa


Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.


Eugenio Montale


Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
Di questa poesia
mi resta 
quel nulla
d’inesauribile segreto.



Giuseppe Ungaretti 

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